ASTRATTO METROPOLITANO

LE CITTÀ INVISIBILI

Opere pittoriche liberamente tratte dal libro di Italo Calvino

Painting freely taken from the book by Italo Calvino

 

 

Durante gli anni in cui lavoravo al mio progetto ASTRATTO METROPOLITANO,

fatalmente (e forse inevitabilmente) trovai sulla mia strada il libro di Italo Calvino "Le Città Invisibili". Mi venne incontro come una magia e l'entusiasmo per questa scoperta fu enorme. L'approccio, dapprima, fu leggero, quasi scanzonato e persino precipitoso, come sempre accade quando l'eccitazione per una scoperta inattesa ti travolge, sommergendoti di idee e stimoli nuovi, ma le cose cambiarono molto in fretta. Più percorrevo i vicoli, le piazze, le periferie di quelle città, più il loro fascino mi avvolgeva, rimandandomi mille significati attraverso un labirintico gioco di specchi a volte indecifrabile... I ritmi presero a rallentare, cedendo il posto a riflessioni senza fine, inducendo nebbiose suggestioni, facendomi vagare in territori dove anche i concetti di Tempo e di Spazio avevano confini indistinti. Quasi subito misi da parte l'idea di una creazione omogenea nelle tecniche e nei formati. Le mille sfaccettature del corpus narrativo erano antitetiche e resistenti a qualsiasi forma di ripetizione,  omogeneità, o somiglianza. Nel contempo, più mi addentravo nella lettura, più vedevo la strada da percorrere per la realizzazione delle opere impennarsi in una salita così ardua da  sembrarmi un muro. Sebbene nella narrazione di ogni singola Città fossero descritte situazioni o persone (apparentemente) reali,  non sempre era  possibile la visualizzazione di immagini coerenti e compiute... il contesto visionario surreale, al limite dell'onirico, e i concetti che venivano espressi imponevano una realizzazione basata sulla trasformazione - in modo il più possibile istintivo e viscerale - delle percezioni in immagini e sensazioni che potessero andare aldilà del semplice guardare. Diversamente, era alto il rischio di cadere in una banalità descrittiva e didascalica che ne avrebbe inevitabilmente sminuito il significato, costringendo la narrazione dentro i limiti di immagini scontate, impoverendone il senso e ostacolandone la forza. È vero che ne Le Città Invisibili sono presenti tutte le modalità dell'immaginario, dal figurativo all'astratto, ma il sentire, il percepire, era per me il vero metro per comprendere le situazioni e poterne rielaborare una nuova forma di comunicazione visiva. Nelle Città tutto è presente: i racconti sono fatti di acqua, di fuoco, di aria, di pietre e metalli... di geometrie rigide e geometrie sinuose, di luci e di ombre, di presenze e di assenze, di vuoti e di pieni, di sogni e di verità... Inevitabilmente le modalità creative non potevano essere ancorate ad un unico metodo espressivo. Nella sofferta ricerca dell'"espressione giusta" molte Città sono state dipinte più volte. Un quadro che sul momento mi soddisfaceva, il giorno dopo veniva scartato e rifatto completamento diverso… Ricordo di aver creato ben 5 Melanie, 5 Fillidi, 3 Tamare, 4 Bersabee e così via. Ho avuto momenti di vera crisi, quasi disperazione, giornate in cui non riuscivo ad avanzare di un millimetro, né materialmente né creativamente. Terminato l'ultimo quadro - dopo quasi quattro anni di impegno - ho giudicato il mio lavoro "finito" solo perché c'era l'esigenza di fissarlo nel tempo, collocarlo in una delle tante caselle-mosaico che compongono la mia vita (non solo quella artistica). Ma potrò mai dirle "finite"  davvero? No, naturalmente. Le Città sono infinite, tante quanto  lo sono coloro che leggendole le immagineranno. Sono infinite e non-finite e mai-finite. Si scoprono e si coprono, si rivelano e si celano, mostrano un solo colore ma li hanno tutti... ma non sono mai le stesse anche se fissate sulla carta e apparentemente prigioniere delle parole che le descrivono. Fisse, sì, ma sempre in movimento... un Universo tutto da esplorare, viaggio perenne e infinito della fantasia e delle emozioni. Ogni Città sono mille città, dipende solo da chi le guarda e da quale angolo   vengono osservate. So però con certezza che le mie Città continueranno a spuntare - sempre nuove, con altre forme e facce diverse - ogni volta che un particolare che starò fotografando o una particolare luce su un oggetto cittadino mi colpiranno.  So che ogni volta che il mio lavoro di ricerca artistica mi porterà sulla strada di qualsiasi città del mondo, loro saranno lì, pronte a diventare da 55, 550 o 5.500... a riflettere senza sosta la loro presenza dentro ogni nuova opera di Astratto Metropolitano.

 

 

 

During the years when I was working on my project METROPOLITAN ABSTRACT, I accidently found (and perhaps inevitably) "The Invisible Cities", the book by Italo Calvino. It came to me like magic and the enthusiasm of this discovery was enormous. At first the approach was light-hearted, almost light-headed and even precipitous, as always happens when the excitement of an unexpected discovery overwhelms you, flooding you with new ideas and stimuli, but things changed very quickly. The more I walked the alleys, the squares, the outskirts of those cities, the more their charm enveloped me, sending me a thousand meanings through a labyrinthine game of mirrors, sometimes indecipherable ... The rhythms began to slow down, giving way to endless reflections, inducing foggy suggestions, making me wander in territories where even the concepts of time and space had indistinct boundaries. Almost immediately I put aside the idea of a homogeneous creation in techniques and formats. The thousand facets of the narrative corpus were antithetical and resistant to any form of repetition, homogeneity, or resemblance. At the same time, the more I delved into it, the more I noticed that the road to take for the realization of the works was soaring with difficulty appearing like a wall to climb. Although in the narration of each individual city, situations or real people (apparently) were described, it was not always possible to visualize coherent and complete images ... the surreal visionary context, at the edge of the oneiric, and the concepts that were expressed required a realization based on transformation - in the most instinctive and visceral way possible - of perceptions in images and sensations that could go beyond simple seeing, looking. Otherwise, there was a high risk of falling into a descriptive and didactic banality that would inevitably have diminished its meaning, forcing the narration within the limits of discounted images, impoverishing its meaning and hindering its strength. It is true that in “The Invisible Cities” there are all the imaginary methods, from figurative to abstract, but the feeling, the perceiving, was for me the true measure to understand the situations and to figure out a new form of visual communication. In the city everything is present: the stories are made of water, fire, air, stones and metals ... of rigid geometries and sinuous geometries, of lights and shadows, of presences and absences, of empty and full, of dreams and truth ... Inevitably the creative ways could not be anchored to a single expressive method. In the painstaking search for the "right expression" many cities have been painted more than once. A picture that at first satisfied me, the next day was discarded and redone completely different ... After the last painting - after almost four years of commitment - I considered my work "finished" just because there was the need to fix it in time and place, in one of the many mosaic boxes that make up my life (not just the artistic one). But can I ever say "finished" really? No, of course not. Cities are endless, as much as those who read them, will imagine them. They are endless and non-finished and never-finished. They are discovered and covered, revealed and hidden, they show only one color, but they have them all... they are never the same even if fixed on paper and apparently prisoners of words that describe them.  Yes, they are unmovable,  but always moving ... a universe to be explored, a perennial and infinite journey of fantasy and emotions. Every city is a thousand cities, it depends only on those who look at them and from which angle they are observed. But I know with certainty that my cities will continue to appear - always new, with other shapes and different faces - every time a detail that I will be photographing or a particular light on a city object that will impress me. I know that every time my artistic research work will take me on the road of any city in the world, it will be there, ready to become 55, 550 or 5.500 ... to reflect their presence in every new work of Metropolitan Abstract non-stop.    

 

 

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